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© Foto G. d’Ambrosio/R. Berno – Laboratorio Chaos and Creation

Disegnare e Creare in Terapia

Uno degli elementi più importanti della psicoterapia di stampo junghiano è il ricorso al linguaggio immaginario.

La psiche è immagine, e le immagini arricchiscono e rendono fertile la psiche.

La vita è un evento simbolico, per la sua brevità e per lo spessore di significanza che assume.

Le immagini consentono di rivolgersi alla ricerca di quella significanza, di entrare in risonanza con il nostro Cammino Personale, la nostra Via o Tao, ciò che Jung ha denominato individuazione: far emergere quell’unicità di Essere che noi siamo, con il nostro compito particolare.

 

Vi è un nome particolare per quel ponte che unisce l’inconscio, dove sono depositati tutti i nostri misteri e tutto ciò che è a venire di noi, con la coscienza della vita presente, in cui si muove e agisce il nostro Io, il me a cui facciamo riferimento e che è il depositario delle speranze e delle paure.

Il ponte fu chiamato da Jung funzione trascendente.

 

Una legge importante della trasformazione è: non lasciare che le immagini interiori abbiano vita solo interiormente.

Jung stesso non lasciava né se stesso né i suoi pazienti in semplice balìa delle immagini interiori: il disegno e la scultura facevano parte del suo bagaglio personale di attività, con il quale lasciava sedimentare le visioni e i pensieri.

Le immagini si trasformano usando creativamente le mani, o il corpo in generale: il disegno le rende concrete in senso bidimensionale; l’uso di ritagli, materiale per modellare o la sand-play therapy portano le immagini nella tridimensionalità; lo psicodramma, capace di fermare il tempo, come pure di attuare escursioni di anni o di secoli, se necessario, porta le immagini interiori nello spazio quadrimensionale. Via via il loro significato si allarga e si approfondisce, dando all’individuo maggiore ispirazione di sentimento, di pensiero, di intuizione e di azione.

Nella stanza di terapia il disegno non serve solo all’analisi dei bambini: i sogni disegnati rivelano spesso particolari che, a una prima descrizione, sfuggono. Non è importante essere “bravi” a disegnare, l’intenzione e l’inconscio sono più che sufficienti per lasciare emergere quello spiraglio di luce che serve alla comprensione. Lo stesso atto di disegnare, la concentrazione nello scegliere i colori e il materiale diverso a disposizione, consentono al cervello di stimolare le aree associative legati ai ricordi, alle emozioni positive, alla creatività, con un effetto importante sulla riduzione del senso di tensione; si attivano le stesse frequenze che si possono misurare durante la meditazione. La concentrazione che si attiva per rincorrere la speciale sensorialità che produce un disegno allarga lo spazio mentale, si abbandonano i pensieri negativi e si produce un vuoto, che serve a far emergere, ad esempio, la soluzione di un problema.

Le opere sono di Giusy Camagni e di Angela e Barbara Pacchiarini

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