Nello Psicodramma Junghiano – che è più agile dello Psicodramma classico – ci si mette in cerchio e i partecipanti cominciano con la condivisione degli avvenimenti, delle emozioni o delle riflessioni che maggiormente influiscono sulla loro vita in quel momento. In alcuni casi i partecipanti possono scegliere di condividere un sogno.
Sulla base dell’emozione che emerge più forte, o della profondità delle questioni che si fanno avanti, vengono scelte le situazioni da mettere in scena.
C’è un Protagonista che, con l’aiuto del Conduttore, sceglie i suoi Io-Ausiliari tra le persone del gruppo, a cui vengono date indicazioni per far agire il loro personaggio. Le persone che entrano in scena sono istruite a impersonare qualcosa che è importante per il Protagonista ma anche per se stesse, perché ogni parte assegnata sollecita e rimescola anche l’inconscio degli Ausiliari, spesso riportando a galla episodi dimenticati, sogni, emozioni, o addirittura precisando stati d’animo attuali non dichiarati al gruppo.
Le tecniche dello Psicodramma prevedono il doppiaggio, l’inversione di ruolo, la funzione di specchio, il soliloquio, la scultura familiare e altro.
Ogni scena giocata risulta altamente significativa e ricca di spunti per ogni singolo partecipante.
“Il racconto del sogno costella materiale archetipico, attivando l’inconscio non solo del conduttore, ma anche di tutti gli altri partecipanti. Le possibili interazioni assumono così l’aspetto di un sasso gettato nello stagno, ove ogni singola goccia d’acqua è a sua volta il centro di nuovi cerchi concentrici, che si rifrangono e si intersecano a loro volta” (Wilma Scategni, A teatro col sogno).
